Terre rare, l’idea di un gruppo di docenti italiani: "Non servono nuovi giacimenti, sostituiamole con materiali più sostenibili" Italian

Sono state definite l’“elefante nella stanza” della transizione ecologica e da qualche anno sono diventate uno dei beni più contesi di tutto il mondo. Si tratta delle materie prime critiche, ossia di tutti quei metalli e altri materiali che vengono considerati fondamentali per compiere il passaggio a un’economia più sostenibile. Ma che allo stesso tempo – per ragioni geologiche, storiche e politiche – oggi sono distribuite in modo molto diseguale sul pianeta.

Tra questi materiali ci sono anche le terre rare, un gruppo di 17 elementi della tavola periodica dagli usi più disparati: auto elettriche, fibre ottiche, turbine delle pale eoliche.

L’accesso alle terre rare, così come al resto dei materiali critici, si scontra principalmente con due problemi.

  • Primo: la Cina controlla la stragrande maggioranza della distribuzione globale.
  • Secondo: l’estrazione di terre rare è un processo inquinante e molto costoso.

Come se ne esce? Una possibile soluzione potrebbe arrivare dalla Fondazione Rara Ets, una no-profit fondata da alcuni professori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. … continua a leggere

Mechanize,

Non so manco cosa dire. Praticamente è una fondazione che chiede soldi pubblici per un’idea da brevettare.

Stefano Bonetti, docente di Fisica della Materia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Guido Caldarelli, docente di Fisica Teorica, Michele Bugliesi, docente di Informatica, Alberto Baban, presidente della società di investimenti VeNetWork.

Al momento si tratta di un’idea ancora allo stato embrionale. Per accelerare l’iter – e provare a raggiungere qualche risultato in tempo utile – la Fondazione Rara lancia un appello chiaro al governo: negoziare con i vertici di Bruxelles affinché «la Commissione Europea riservi dei fondi mirati alla sostituzione dei materiali critici con materiali sostenibili».

Mi piace la ricerca in generale, e sovvenzionarla è fondamentale, ma qua mi puzza solo d’impresa privata in cerca di Venture Capital senza tutte le stringhe attaccate.

Sarebbe bello capire che tipo di ETS sono e a chi andrebbe il brevetto una volta fatto.

E soprattutto a che punto della ricerca sono, perché nell’articolo la vendono contemporanea come “allo stato embrionale” e “pronta per esser brevettata” che richiede qualcosa di più di un embrione.

Insomma: bello bello.

Avrei altro da scrivere ma ho provato ad informarmi meglio sull’idea e sulla fondazione ma da cellulare non ho trovato nulla. Quindi mi fermo a questa vaga prima impressione.

damtux,

Secondo me l’algoritmo è pronto per essere brevettato ma l’idea è embrionale nel senso che devono ancora applicarlo concretamente su larga scala. Come ho scritto nel commento sotto, a livello tecnico dovrebbe essere fattibile (da molti anni si fa ricerca con la biologia e la medicina computazionale, con l’aiuto di sistemi di calcolo distribuito), resta da vedere e capire se il loro algoritmo è veramente valido. La strada del brevetto secondo me potrebbe essere un limite in questo campo.

Mechanize,

Sì, son perfettamente d’accordo che l’idea sia fattibile - specialmente considerando, come fai notare anche tu, che non è assolutamente nuova in altri campi, ed ha già prodotto anche recentemente dei risultati.

È solo come il tutto viene presentato nell’articolo - che lo fa quasi puzzare di marchetta e fuffa - che mi fa un po’ storcere il naso. Volevo solo far presente che la prima impressione non è affatto rosea.

damtux,

Sì, specialmente è sospetta la ricerca immediata di fondi…invece di ricercare prima altre collaborazioni scientifiche per validare o testare meglio l’idea.

maxwell,

Bella l’idea di avvalersi di strumenti di intelligenza artificiale per individuare nuovi materiali. Però l’affermazione per cui non servono nuovi giacementi è un po’ azzardata nel momento in cui materiali alternativi non sono ancora stati trovati. Purtroppo.

damtux,

Sì, concordo che è un po’ prematuro parlare in questo senso. A livello tecnico non credo che l’algoritmo di ricerca sia molto diverso da quelli utilizzati da circa 20 anni per trovare nuove proteine da utilizzare in ambito medico contro il cancro o per nuovi vaccini. Esistono progetti di calcolo distribuito maturi e ben consolidati che sfruttano da molti anni la potenza dei computer di volontari (tramite il software open source Boinc) per risolvere i problemi di ripiegamento delle proteine (protein folding) che sono molto complessi a livello computazionale (molti gradi di libertà da considerare). Quindi penso che sia fattibile e concretamente realizzabile (stiamo parlando di materiali inerti o che comunque non hanno interazioni biologiche) visto che qui si parla di aggiungere l’intelligenza artificiale alla pura potenza in Teraflops che veniva utilizzata finora.

Personalmente non credo molto nei brevetti come metodo di innovazione in questo campo (infatti il modello open source del calcolo distribuito funzionava). Impediscono una sana collaborazione scientifica e rallentano la ricerca, che invece è richiesta e urgente per risolvere questi problemi che stanno impattando su tutti.

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